Edifici pubblici sicuri, servono 50 miliardi

L’edilizia sbagliata presenta un conto pazzesco: 50 miliardi di euro, solo per gli edifici pubblici. Più una cifra «sull’ordine di centinaia di miliardi per gli edifici privati». La stima arriva dai tecnici della Protezione civile. «Per l’adeguamento sismico degli pubblici serve una cifra sull’ordine di 50 miliardi», spiega Mauro Dolce, uno dei direttori generali del dipartimento della Protezione Civile, tra i tecnici più impegnati sul fronte della prevenzione sismica.
«Il costo dell’adeguamento degli edifici pubblici – spiega – è fissato da norme e può essere calcolato con maggiore precisione». Diverso è il caso degli edifici privati. «Il costo per adeguare sismicamente gli edifici privati è molto più variabile – aggiunge Dolce – perché il proprietario può scegliere tra una gamma di interventi di messa in sicurezza il cui costo può variare tra 300 e 800 euro a metro quadrato».
Costi, appunto, pazzeschi. Un motivo in più per avviare, prima possibile, il piano di prevenzione nazionale da almeno quattro miliardi all’anno invocato sulle colonne di questo giornale da Mauro Grassi, capo dell’Unità di missione sul dissesto idrogeologico, uno degli uomini di Palazzo Chigi in prima linea sulla prevenzione territoriale. Proposta che sottoscrive in pieno anche l’Associazione nazionale dei costruttori edili.

Un piano nazionale che – sul fronte degli edifici privati – utilizzi la leva del bonus fiscale del 65%, adeguatamente potenziato, come ha proposto il presidente della Commissione Ambiente della Camera Ermete Realacci, che ha già annunciato la convocazione dell’VIII Commissione di Montecitorio il 1° settembre con all’ordine del giorno una risoluzione per il rilancio dello sgravio fiscale. Sgravio fiscale che peraltro, il 31 dicembre arriva alla scadenza naturale (si veda sempre il «Sole 24 Ore» di ieri). L’obiettivo da raggiungere è comune al tema dell’efficienza energetica: passare dalla scala dell’unità abitativa e della villetta a quella dei complessi edilizi e dei condomini.

I 965 milioni che il governo ha messo a disposizione a partire dal 2009 per la prevenzione sismica sono una goccia nel mare. Una cifra, si legge ancora oggi sul sito della Protezione civile, «inferiore all’1% del fabbisogno che necessario per il completo adeguamento sismico di tutte le costruzioni, pubbliche e private, e delle opere infrastrutturali strategiche».
«Per gli edifici pubblici – ribadisce Dolce – il costo dell’adeguamento o del miglioramento sismico è calcolabile con precisione perché è legato all’applicazione di norme, per esempio l’adeguamento sismico delle scuole è stato calcolato in 13 miliardi». L’oscillazione imprevedibile degli edifici privati è spiegata con un esempio: «Moltiplicando il costo di 300 euro a mq per 10 milioni di abitazioni da 100 mq già si arriva a 300 miliardi, solo con gli edifici privati», calcola Dolce, includendo nel calcolo le abitazioni nelle aree a maggiore rischio sismico.

Dopo il terremoto in Emilia Romagna, anche il centro studi del Consiglio nazionale degli ingegneri aveva provato a fare lo stesso conto, arrivando a una cifra altrettanto shock: quasi 94 miliardi di euro per mettere in sicurezza le abitazioni in tutte le aree a rischio sismico.
I numeri elaborati dagli ingegneri hanno il pregio di segmentare il fabbisogno tra aree territoriali. La disaggregazione consente di individuare nettamente una priorità, da mettere in cima alla lista. Sono le abitazioni che si trovano nelle aree con classe 1, quella di massimo rischio sismico: oltre 650mila, per un costo stimato di messa in sicurezza di quasi 5 miliardi e mezzo.
Non stupisce che l’Italia – come emerge dalle elaborazioni del centro studi dell’Ance (su dati della Commissione Ue) – sia il primo Paese per utilizzo del fondo di solidarietà per gravi calamità: tra il 2002 e il 2015, l’Italia ha infatti “tirato” 1,32 miliardi, circa un terzo delle somme erogate a 28 Paesi. Le emergenze dell’Aquila e dell’Emilia Romagna hanno surclassato le alluvioni della Germania, che è il secondo Paese della lista, con 971 milioni utilizzati (terza la Francia con 204 milioni). Ma questi soldi sono solo per l’emergenza, non per la prevenzione. E da fare ce n’è.
È sempre l’Ance a ricordare che su 64.800 edifici a uso scolastico, 24mila sono in aree a elevato rischio sismico (il 37%). E che su 5.700 ospedali, 1.822 sono in aree a rischio sismico. E che il 70% dei fabbricati già esisteva quando sono entrate in vigore le prime norme antisismiche del 1974.
Il costo della mancata prevenzione, calcola sempre l’Ance, è altissimo: circa 3,5 miliardi di euro l’anno. La scarsa attenzione alla prevenzione si misura anche con l’irrisorio numero di edifici che in Italia sono coperti da una polizza specifica contro il rischio di danni causati dai terremoti. L’Associazione delle imprese assicuratrici ha stimato che solo l’1% delle abitazioni ha una copertura specifica per gli effetti dei terremoti, il che significa circa 300mila unità abitative.

Fonte:  Il Sole 24 Ore

 

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